LA STAMPA È MOBILE…
Andate a raccontare a un Post-millenial, se preferite un iGen o un Gen Z, che un tempo neanche troppo lontano per stampare una semplice pagina non bastava comporla su un sistema di desktop publishing e inviarla alla stampante con un semplice click. Già solo per scegliere un “glifo” occorreva selezionarlo fisicamente all’interno di uno degli innumerevoli “cassetti a caselle” pieni di punzoni metallici che componeva l’archivio di caratteri mobili d’ogni tipografia. Lo stesso termine font, oggi entrato nell’uso comune di chiunque possegga un pc o un mac, ha dato adito, nei decenni scorsi, a diverse discussioni sull’uso corretto del genere femminile o quello maschile.
Tanto da far intervenire l’Accademia della Crusca che ha sentenziato: «Il termine font, che in ambito informatico e tipografico indica “l’insieme completo dei caratteri di uno stesso tipo”, deriva dal sostantivo inglese font ‘fonditura’, a sua volta derivato dal francese medievale fonte ‘fusione’. Spesso in italiano il termine viene considerato sinonimo di carattere, ma si tratta di un errore: “Con fonte si intendono tutti i caratteri disponibili in certe dimensioni, stile e peso di una particolare foggia; con carattere si intende invece il disegno vero e proprio”. In effetti, in inglese c’è la distinzione tra typeface, che rappresenta il singolo carattere tipografico, e font, che è invece l’insieme di caratteri contraddistinti da un loro particolare design (Times, Helvetica, ecc.), stile (corsivo, grassetto, ecc.), dimensione. I due termini identificano dunque due concetti diversi, ma in italiano typeface è reso talvolta come carattere tipografico, talvolta come font […] È preferibile, in ogni caso, impiegare il maschile font per la terminologia informatica e ripristinare il termine originario femminile fonte per quella tipografica; in questo modo, oltre a mantenere la distinzione semantica connessa ai due ambiti, si renderebbe conto della diversa origine inglese e francese delle due forme».
Certo, quella che precede sembrerebbe (e forse oggi lo è) una disputa oziosa, ma dà il segno di una evoluzione rapidissima che ha sacrificato sull’altare dell’innovazione un patrimonio di conoscenze e competenze prossime all’estinzione. Per questo, protagonista del nostro ‘blog precisissimo’ questa volta sarà proprio un progetto artistico realizzato recuperando le vecchie tecniche tipografiche in uso fino alla seconda metà dello scorso secolo (piccola nota per quelli della Generazione Z: il principio della stampa a caratteri mobili è rimasto sostanzialmente inalterato dai tempi della Bibbia a 42 linee di Gutenberg del 1455).
Da un’idea di Giuliano de Minicis, Art Director della dmpconcept di Senigallia (da molti anni curatore della comunicazione di Paradisi), in collaborazione con la Tipografia GMA di Marotta (che ha gelosamente conservato in piena efficienza le macchine stampatrici), si è realizzata una composizione con caratteri mobili ornamentali degli anni ’30 del ‘900 stampata in 50 copie con torchio tipografico a mano su carta cotone Fabriano. Ogni copia è stata poi personalizzata, utilizzando tecniche pittoriche miste dallo stesso De Minicis, rendendola così unica e irripetibile. Tema ispiratore dell’opera è l’8 di 2018 (dato che è stata diffusa come buon auspicio per il nuovo anno) ma può anche essere letto come ∞, simbolo dell’infinito o di un “non tempo” indefinito. Ma ancor più che alle parole lasciamo spazio alle immagini, sequenze di poesia pura che ritraggono e raccontano Mauro e Giuliano, due maestri al lavoro in tutte le varie fasi di realizzazione. Il bellissimo video che segue è stato realizzato da Luca de Minicis che, com’è evidente, d’Arte è figlio…