L’ARTE URBANA DEI WRITER, TRA PRECISIONE ED EQUILIBRIO DINAMICO
Orbene ci risiamo. Dopo una pausa di fine anno, invero un po’ troppo dilatata, riprendiamo il tradizionale appuntamento con il nostro Blog precisissimo. C’eravamo lasciati con un’intervista all’ingegner Patrizia Angeli, presidente nazionale di Ipe, impegnata in prima linea nelle zone colpite dal terremoto del centro Italia. Stavolta il tema del nostro peregrinare sarà più leggiadro, giacché scriveremo di arte seppur declinata in una forma assai originale. Già in passato in questa sede ne avevamo trattato, sotto la lente della precisione e l’equilibrio dinamico, intervistando i maestri dello studio Bachiocca autori dello splendido restauro della Pala del Perugino.
Oggi, invece, protagonista di questo spazio sarà la forma d’arte forse più contemporanea, dinamica e provocatoria, quella dei graffiti. Detta così parrebbe ci si riferisca alle incisioni rupestri del neolitico, elemento che tradisce la nostra età anagrafica, ma sarebbe più opportuno parlare di ‘street art’ o ‘arte urbana’. Già, perché il personaggio che intervisteremo tra breve è quello che in gergo tecnico si definisce ‘writer’. Federico Zenobi, jesino di nascita ma cosmopolita di cultura è una vecchia conoscenza dell’azienda Paradisi perché ha collaborato, in occasione dell’evento ‘TO BE – Equilibri E Dinamiche Dell’essere Benefit’, alla realizzazione dell’opera dal titolo non casuale ‘equilibrio dinamico’, che a tutt’oggi campeggia su un grande pannello all’interno dei locali destinati alla produzione. Vecchia si fa per dire, dato che il soggetto in questione è classe 1986, ma ha già al suo attivo numerose performances e il suo talento è riconosciuto anche fuori dai confini nazionali.
Scorrendo la sua biografia scopriamo, infatti, che il suo ‘battesimo del muro’ risale al 1999. Specializzato in Graphic Design presso l’Istituto di Alta Formazione ‘Centro Sperimentale Design Poliarte’ negli anni ha dipinto in moltissimi eventi, vincendo diverse competizioni di graffiti. Per non tacere dei numerosi lavori realizzati su commissione per enti pubblici e privati in Europa, U.S.A. e Sud America.
Pur avendo al suo attivo opere ed esposizioni a Los Angeles, Ecuador, Paesi Bassi, Turchia, Georgia, Croazia, Romania, non ha mai reciso le sue radici con la città natale, condividendo con il Comune di Jesi un progetto di arte urbana di riqualificazione di un luogo emblematico della città, l’antico borgo popolare e operaio di San Giuseppe, in cui il deposito lasciato dalla storia, ovvero i notevoli resti archeologici di età romana, si innesta nella nuova realtà multietnica e globalizzata. Un’opera che s’innesta nel progetto più ampio ‘Chromaesis – Musei e paesaggi culturali’ che affonda le sue radici nell’idea che il museo italiano non avrebbe ragion d’esistere senza il territorio in cui esso nasce e si sviluppa; per cui i contenitori culturali cittadini si rivolgono verso l’esterno e diventano il luogo di conoscenza, coscienza e interpretazione del paesaggio culturale che li circonda. Una forma d’arte ‘democratica’, quella dei writers, che vinta l’originaria diffidenza che la relegava a cultura suburbana, al limite del lecito sta prendendo sempre più campo in ambiti insospettabili. Oggi gli artisti espongono in gallerie e musei nazionali e lo stesso Zenobi è stato chiamato a esporre in una personale all’interno di una banca in Piazza Duomo a Milano.
La sua attività, però, non si è limitata al mondo dei murales ma ha spaziato anche nel mondo della moda, realizzando per un’azienda russa edizioni limitate di borse e scarpe, o per una griffe italiana jeans e borse poi vendute in tutto il mondo.
Un universo affascinante, quello poc’anzi descritto, in cui cercheremo di farci guidare dalla viva voce dell’artista.
Graffitaro, street artist, writer, artista urbano, possono sembrare sinonimi per dei profani come il sottoscritto. Eppure in alcuni recenti articoli qualcuno ha denunciato una cera confusione tra quelle che sono state definite anime diverse che compongono questo movimento artistico. Puoi farci un po’ di chiarezza?
I graffiti (moderni, quelli degli anni 60) non nascono come forma d’arte, ma come voglia di emergere, come voglia di scrivere il proprio nome su di un treno (da qui nasce il termine writer, cioè “colui che scrive”), di urlare la propria esistenza in metropoli soffocanti. Negli anni, questo fenomeno è decisamente cambiato, in quanto i graffitari, sono piano piano diventati “artisti di strada”. Seppur anche oggi ci sia molta differenza tra chi dipinge un treno e chi dipinge un palazzo, credo che ci sia comunque uno spirito comune, cioè un voler affermare con un’opera la propria esistenza.
L’origine dei graffiti si perde nella storia del mondo, ma come fenomeno artistico urbano inizia negli anni ’60 con una connotazione fortemente trasgressiva e anarchica. Qualcuno sostiene che l’impatto di questa forma d’arte sulla cultura visuale occidentale è paragonabile a quello del rock and roll sulla musica del secondo ‘900. Sei d’accordo su questa visione?
In un certo modo si, di sicuro il rock and roll è stato un fenomeno globale e capillare, ma anche i graffiti, credo abbiamo avuto un forte impatto sul mondo artistico e sociale. All’inzio in termini negativi, proprio per il discorso dell’illegalità, e piano piano in termini sempre più positivi. Basti pensare ai street artists che espongono nei musei, alle pubblicità che riprendono i graffiti, alla moda.
La potenza dei graffiti (o, più in generale, dell’arte urbana) è proprio la vastissima fruibilità delle opere. Un palazzo dipinto viene osservato ogni giorno da una vastissima gamma di pubblico, e per forza finisce con il rimanere in testa.
Come si è evoluta negli anni la percezione della ‘street art’ da parte del pubblico e quanto è ancora forte il preconcetto di chi la ritiene una sorta di vandalismo di chi nottetempo si diverte a imbrattare muri e monumenti?
Ormai questo concetto è quasi totalmente superato. Chiunque riconosce la differenza che c’è tra chi dipinge un muro con un’opera di un certo livello, e chi ha come intento sporcare muri e monumenti. Non c’è paragone, nessun artista si sognerebbe di rovinare opere altrui, come i monumenti. Sporcare un muro di notte è totalmente un’altra idea.
Ed è per questo che gli artisti sono continuamente invitati a dipingere commissioni, a lavorare nella moda, nella grafica, o nella comunicazione in generale.
Alcuni writers assurgono sempre più spesso agli onori della cronaca per le loro opere e godono di fama interplanetaria. Penso al caso di Banksy che è ormai conosciuto in tutto il mondo. Quali sono, se ci sono, i tuoi modelli di riferimento?
Ci sono moltissimi artisti che ammiro, ma non solo street artists, anzi. La mia ispirazione proviene dai grandi pittori del passato (Michelangelo, Caravaggio), come da moltissimi pittori contemporanei, grafici, musicisti.
Ora la domanda di rito, quanto conta per l’artista Federico Zenobi la precisione? Potremmo inoltre definire quella urbana, per la natura che le è propria di arte a cielo aperto, una forma di equilibro dinamico?
Per il mio stile pittorico, la precisione conta moltissimo. Lascio molto poco al caso, e negli anni ho capito quanto sia importante il fattore tempo (che deriva appunto, dalla precisione). Ogni dettaglio va curato all’estremo, ed è questo che da un ottimo risultato finale. È anche vero, per onestà intellettuale, che ogni tanto mi da molta soddisfazione “lanciare” vernice sulla tela, totalmente a caso, lasciando che sia appunto il caso a creare il tutto! Ma sono solo rare volte, le altre preferisco sicuramente curare il dettaglio e portare il lavoro nella direzione che preferisco.
Si certo, l’arte urbana può essere una forma di equilibrio dinamico, perchè si va a posizionare in modo stabile ed imponente, in un ambiente dinamico e soggetto ad un continuo cambiamento.
Un’opera su un palazzo è in equilibrio proprio perchè potrebbe restare li per anni, o basta una mano di vernice per coprirla. Il bello di questa arte è anche il suo intrinseco essere effimera, basta un niente per cancellarla.