LEZIONI DI PRECISIONE DA UN ITALO ‘AMERICANO’
Sono ormai trascorsi mesi da quando, dopo una chiacchierata con Sandro Paradisi, abbiamo cominciato a ragionare sulla fisionomia da dare a questo blog precisissimo. Ricordo che, proprio in quell’occasione, tutti gli astanti (o meglio gli aspochi giacché si era in tre o quattro persone) espressero la loro idea di precisione declinandola, ognuno, nel domìnio che gli era più consono. Le suggestioni, vergate distrattamente su un taccuino, si cumularono in gran copia fino a tracciare, in nuce, un vero e proprio programma editoriale. Orbene, ricorderete che prima della pausa estiva ci siamo lasciati discettando di precisione e accuratezza con gli ottimi restauratori Bacchiocca dell’omonimo studio di conservazione e restauro di Urbino. Oggi, complici le prime piogge settembrine, abbiamo ripreso in mano il notes di cui sopra e con esso le fila del blog ancora sonnacchióso. Sfogliando le pagine arabescate piene di parole e di segni grafici che dovrebbero coadiuvare improbabili processi mnemonici, c’è saltata all’occhio l’annotazione “precisione e letteratura”, affiancata da una glossa probabilmente apposta in seguito “Calvino. Lezioni Americane”. Se n’era parlato di Calvino e di questo scritto tratto da alcune lezioni che l’autore aveva preparato per un ciclo di conferenze che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard nel 1985. Una di quelle lezioni, la terza per essere precisi, era appunto dedicata all’esattezza. Per la verità, in quella famosa serata trascorsa a immaginare il blog, qualcuno aveva citato un articolo di qualche anno fa del Corriere della Sera, a firma di Beppe Servignini, che in qualche modo tracciava un Elogio morale della precisione. Nel pezzo, datato 2013 e prontamente recuperato grazie ai potenti mezzi degli archivi del Corriere, si enuclea una serie di citazioni letterarie a supporto di un rimedio contro la crisi fondato sulla precisione. Dal Pontiggia che in “Prima Persona” scriveva: “Nei corsi di scrittura, il punto su cui tornavo più spesso era la precisione. La letteratura quale linguaggio definitivo per circoscrivere una materia mobile e multicolore come il “sentire” (…). Per contagio ho finito per amare la precisione non specificamente letteraria, come quella della manualistica dedicata alle costruzioni navali (con definizioni tecniche stranianti dell’acqua e delle imbarcazioni), all’arte militare, al gioco degli scacchi, alle ricette alcoliche […]. E ne raccomando la lettura come propedeutica alla prosa”. Precisione, puntualizza Servignini “non è pignoleria. La precisione ha uno scopo, la pignoleria nessuno. I pignoli sono manieristi; le donne e gli uomini precisi sono romantici […] Alla precisione — e all’imprecisione — ci si abitua da giovani: non è mai troppo presto per imboccare il sentiero della faciloneria. L’inesattezza è una compagna gentile, che ci sussurra di non fare sforzi. Cercare, preparare, disporre, controllare, ricordare, mantenere le promesse costa fatica. Eppure l’umanità si divide tra quelli che fanno (bene) ciò che dicono; e gli altri, che annunciano inutilmente e promettono invano”. Italo Calvino, anch’esso ampiamente menzionato da Servignini, nella sua lezione sull’esattezza in letteratura definisce il tema in tre punti: “Un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato; l’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili, icastiche; un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione”. Una ricerca solo all’apparenza maniacale che, come dichiara lo stesso autore, è dovuta alla propria ipersensibilità o allergia verso l’uso approssimativo, casuale, sbadato del linguaggio. Salvo poi utilizzare la categoria del vago, per definire iperbolicamente la precisione nell’”Infinito” di Leopardi o citare “L’Uomo senza qualità” di Robert Musil come opera che oscilla tra l’esattezza e indeterminatezza delle congetture filosofico- ironiche del protagonista Ulrich.
Secondo Giorgio Manganelli, Calvino fu dominato “da una passione retorica esclusiva, una passione cui si dedicò con una tacita, ostinata, schiva devozione: la chiarezza”. Ecco, quella chiarezza che illumina tutte le ambiguità, la duplicità, l’insondabile superficialità del discorso, è la chiave di lettura di questa nostra indagine superficiale e senza pretesa alcuna di profondità, condotta al fine di definire il concetto di precisione in letteratura. Che poi fu lo stesso Calvino a citare nelle sue “Lezioni Americane” la massima di Hofmannsthal che anche noi facciamo propria: “La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie”.
Alla prossima.